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Perché in Italia si ha così poca contezza del valore dei propri dati personali

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I dati personali sono importanti, ma in Italia solo negli ultimi anni stiamo cominciando a dare ad essi più valore. Perché siamo in ritardo?

 

Perché in Italia si ha così poca contezza del valore dei propri dati personali

I dati personali, si sa, sono molto importanti. Tuttavia, in Italia solamente negli ultimi anni stiamo cominciando a dare più valore a questo tipo di informazioni. La privacy viene spesso messa alla prova, in particolare online, e molte volte altre persone usano i nostri dati sensibili senza avere il nostro permesso. Prima non facevamo abbastanza caso a tutto questo, ma adesso le cose sono cambiate.

A dare il via ad una maggiore consapevolezza e a risvegliare una più alta attenzione è stato principalmente lo scandalo dei dati del 2018, i cui protagonisti sono stati Facebook e Cambridge Analytica. Quest’ultima aveva raccolto le informazioni sensibili di ben 87 milioni di utenti iscritti a Facebook, senza aver ottenuto il loro consenso. Cambridge Analytica ha usato quei dati personali per scopi di propaganda politica. È stato proprio quell’evento a permettere a tutti noi di comprendere appieno quanto valore hanno i nostri dati. Dopo quello scandalo i regolamenti sulla privacy sono diventati molto più rigorosi anche nell’Unione Europea e, di conseguenza, in Italia.

L’Italia e il ritardo del riconoscimento normativo del diritto alla privacy

Parlando più nello specifico dell’Italia, possiamo dire che la colpa della mancata attenzione alle nostre informazioni personali non è tutta di noi cittadini. In realtà le abbiamo considerate poco anche per via di un “ritardo” legislativo. A questo proposito c’è da dire infatti che i primissimi riferimenti al diritto alla protezione dei dati personali si trovano nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo del 1950. L’articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali afferma che ogni persona, sia fisica che giuridica, ha diritto alla privacy. Pertanto tutti i suoi dati di carattere personale devono essere protetti.

Giuridicamente parlando, però, rispetto agli altri Paesi dell’Unione, l’Italia si è adeguata a tali normative piuttosto in ritardo. Questo è accaduto soprattutto a causa delle difficoltà nell’ambito dello sviluppo economico.

La Costituzione, la privacy e la tutela dei dati personali

È importante sottolineare anche che nella nostra Costituzione non è presente alcun articolo che tuteli esplicitamente i dati di una persona. Tale diritto è velatamente citato in altri articoli come, ad esempio, il numero 14 che tutela l’inviolabilità del domicilio. L’articolo 15, invece, espone la protezione della corrispondenza di ogni forma di comunicazione. Un primo e importante riferimento al diritto alla privacy si ha nell’articolo 2. Questo considera la privacy un diritto inviolabile del cittadino, al pari delle altre libertà e degli altri diritti.

Tuttavia, la prima legge in materia di protezione dei dati personali è stata approvata solo il 31 dicembre 1996 con la legge n. 675. L’approvazione è avvenuta in seguito agli obblighi scaturiti dalla firma del trattato di Schengen. Tale legge fu in seguito abrogata e sostituita dal decreto legislativo del 30 giugno 2003, in vigore dal 1° gennaio del 2004, contenente il cosiddetto Codice della privacy.

Il diritto alla riservatezza dell’immagine

Il diritto alla privacy, inoltre, comporta anche il diritto alla riservatezza dell’immagine. Quest’ultimo afferma che senza il consenso della persona ritratta, sono severamente vietate l’esposizione e la pubblicazione di immagini o video, a meno che non si tratti di personaggi noti. Anche in questo caso, però, la persona famosa fotografata può comunque avanzare una causa per diffamazione. Questo può avvenire qualora la foto in questione ritragga il soggetto in atteggiamenti compromettenti ripresi contro la sua volontà o a sua insaputa.

La differenza tra UE e USA in materia di protezione dei dati personali

L’Unione Europea e gli Usa hanno approcci nettamente differenti in materia di protezione dei dati sensibili. La principale differenza è che negli USA le normative si concentrano maggiormente sulla tutela degli interessi aziendali. Tra l’altro in questo caso entra in gioco anche la Federal Trade Commission (FTC). Questa commissione ha trasformato la privacy in un bene economico, da scambiare agevolmente all’interno di un mercato sempre più vasto di dati personali. Il diritto alla privacy, in tal senso, è dunque considerato come diritto non dell’individuo ma del consumatore da bilanciare ed organizzare secondo l’andamento delle aziende.

La regolamentazione italiana ed europea si basa esclusivamente sulla tutela dei cittadini in quanto la privacy è considerata un diritto inviolabile ed inalienabile dell’individuo. Il riconoscimento di questo diritto è sancito definitivamente dalla Carta di Nizza e dal nuovo GDPR (General Data Protection Regulation) del 4 maggio 2016. In seguito alla sua entrata in vigore, il Codice della privacy italiano è stato aggiornato e modificato nel 2018.

Negli USA, però, si sono mossi in anticipo…

Nonostante negli Stati Uniti si dia un valore differente ai dati personali, c’è da dire che il diritto alla privacy nacque nel 1890 proprio negli USA. In Europa è stato poi elaborato da un punto di vista giurisdizionale, molti e molti anni dopo. La prima nazione europea ad emanare una legge nazionale per la protezione dei dati è stata la Germania Federale quando ancora era divisa dal muro, nel 1978. Poco dopo, nel 1981 il Consiglio d’Europa approvò la Convenzione 108.

Il 1992 è stato l’anno del trattato di Maastricht e della creazione della Comunità Europea. Quest'ultima, nel 1995, adottò la direttiva 46 che indicava gli obiettivi da seguire ma non stabiliva norme. Gli Stati membri avrebbero dovuto pensarci, e da quel momento in Italia partì la creazione del già citato Codice della privacy. In seguito, l’entrata in vigore del GDPR avvalorò questo codice. Il GDPR interviene in molte parti d’Europa, in cui la privacy viene gestita dalle autorità garanti.

Protezione dei dati personali: l’Italia oggi

Anche se gli Stati Uniti si sono mossi in anticipo, e se la Germania ha realizzato una buona legge nazionale prima dell’Italia, negli ultimi anni si stanno facendo passi da gigante anche nella nostra penisola. In primo luogo, però, siamo noi come cittadini ad essere cambiati. Prima, probabilmente, noi non ci pensavamo perché non eravamo ancora stati messi di fronte ai fatti, ai veri rischi. Dopo lo scandalo del 2018, di Facebook e Cambridge Analytica, abbiamo nettamente aperto gli occhi.

Adesso stiamo più attenti e ci rendiamo sempre più conto di quanto i nostri dati personali siano importanti e di quanto siano a rischio, soprattutto online. Perciò, adesso siamo tutti noi, indipendentemente dalla nazionalità, ad essere più virtuosi e a dare valore alla nostra privacy. La nostra attitudine è ciò che può fare sempre una positiva differenza, nonché proteggere la nostra vita privata nel breve e nel lungo termine.

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